MILLE MODI PER CREARE IL NOME GIUSTO…
Il passo successivo alla definizione del ‘Cosa dire’ con il nuovo nome – definito sulla base dei concetti di posizionamento e dei valori del brand – consiste nel comprendere il ‘Come dirlo’: oltre a prendere origine da una semplice parola di vocabolario, il nome del brand può nascere da innumerevoli intrecci di sillabe, lettere o numeri, apposti, composti, semplificati o declinati. Ma come si possono formalizzare queste infinite possibilità creative?
Vari sono i passi da percorrere quando si dà l’avvio alla ricerca creativa, a cominciare dalla scelta del lessico di riferimento: quale lingua è più idonea ad esprimere i valori del nuovo brand? Non tutte possono essere utilizzate, ed ognuna esprime sensazioni e vissuti differenti. Ad esempio, è giusto e coerente comunicare l’italianità con nomi dal suono italiano e la francesità con quelli di sonorità francese. L’inglese, più universale, è più propenso ad esprimere l’attualità, l’innovazione, la giovinezza, così come la spensieratezza e il gioco. La tecnologia, l’affidabilità o la storicità possono facilmente emergere dall’uso del lessico greco o latino. Come l’italiano, lo spagnolo ha sonorità calde ed avvolgenti che rimandano al mediterraneo, al buonumore, alla gioia e al benessere. Il francese simboleggia maggiormente il mondo della cosmesi, evoca l’eleganza e il lusso. Ciascuna lingua ha un suo proprio territorio espressivo, e prendere tempo per definirla con criterio è sicuramente molto funzionale ad una ricerca creativa più mirata.
Una volta decisa la lingua di riferimento, si sceglie la tipologia di parola più adatta. Il nome del brand può appartenere a varie categorie lessicali, a cominciare dal vocabolo di dizionario: dal sostantivo INTESA SanPaolo, all’aggettivo SVELTO (Unilever), dal verbo SAPERE (DeAgostini) all’avverbio ESPRESSAMENTE (illy) o al pronome MIO (Nestlé). Qualsiasi variazione di questi termini può essere utilizzata come brand name (variazione di genere, di caso, di modo, di tempo, ecc…) se non è generica del settore o già legalmente protetta da un terzo come marchio di proprietà nella stessa categoria di prodotto o servizio.
Oltre ai vocaboli esistenti, le possibilità creative si ampliano notevolmente quando si entra nel mondo dei neologismi, cioè di quei nomi o combinazioni di parole ideate ex-novo. Le alterazioni possono essere ortografiche come nel caso dell’abbreviazione PINGUÌ (Kinder) o dell’espansione GEOX. Il gioco di parole come WUOI (Citterio) può essere una soluzione creativa sapendo che può riscontrare difficoltà di comprensione in altre lingue. Le sigle, i numeri e gli acronimi come BMW, 7UP, 500, N°5, CK1 sono un altro filone, limitato però nella sua protezione giuridica.
Un’ulteriore fonte di ispirazione per la creazione di neologismi è la combinazione di sillabe e parole: nel caso di FEEL DESIGN si trovano 2 parole apposte in modo arbitrario, il nome VOLKSWAGEN risulta dalla fusione di due sostantivi tedeschi ‘Volks’ che significa popolo e ‘Wagen’ automobile, FEDEX è la contrazione di Federal Express, ACCENTURE quella di Accent e Future. Si può andare fino ad espressioni o brevi frasi illustrate nei nomi QUATTRO SALTI IN PADELLA (Findus) e DIMMIDISÌ (La Linea Verde).
Questo breve giro del ‘come’ formare i nomi dei brand si può chiudere con la tipologia dei nomi ‘di suono’, inventati di sana pianta come KODAK e YARIS (Toyota), le onomatopee COCO POPS (Kellogg’s), PSCHITT (Perrier) o i giochi fonetici presenti in MATO MATO (Kraft) o CHEAP&CHIC (Moschino).
**Scritto da Béatrice Ferrari per la Rubrica Comunicando