Fonosimbolismo nel brand naming: quando è il suono a comunicare

In questa immagine c'è una donna stilizzata con un libro in mano. Sta per spiegarti cosa è il fonosimbolismo nel brand naming.

Il fonosimbolismo nel brand naming è la capacità dei suoni dei nomi di marca di raffigurare fatti non sonori, rivelando in anteprima significati inconsci. In questo articolo e nella puntata del podcast qui sotto, analizziamo nel dettaglio questo processo linguistico, da considerare con attenzione per scegliere il nome giusto.

Cosa è il fonosimbolismo nel brand naming?

Conosci il brand name Häagen-Dazs? Anche se forse non lo hai mai sentito, potresti capire che si riferisce a qualcosa di freddo, relativo ai Paesi del nord Europa, semplicemente ascoltando la sua espressione sonora. Si tratta in effetti di un marchio di gelati artigianali, con un nome che richiama le sonorità della lingua danese. Questo è un esempio di fonosimbolismo.

Il fonosimbolismo è una branca della linguistica che studia la relazione tra sonorità e significato delle parole. Fa riferimento a particolari unità di suono, chiamate fonemi, indicate tra due barre oblique, come ad esempio /a/ o /t/. L’Alfabeto fonetico internazionale (IPA, International phonetic alphabet), proposto nel 1886 da un’associazione francese di insegnanti, rappresenta graficamente ogni suono di ogni lingua parlata nel mondo, per stabilire in modo univoco come si pronuncia.

Il fonosimbolismo studia proprio il rapporto tra i fonemi e il significato delle parole.
Questo fenomeno linguistico ha tre funzioni:

  • permette una comunicazione veloce tra gli individui;
  • arricchisce il significato delle parole;
  • rende immaginifica ed evocativa la percezione dei termini che non si conoscono.

Il significato dei suoni è universale

I nomi delle cose evocano il significato anche attraverso il suono. Del resto, per sopravvivere, l’essere umano ha sempre avuto bisogno di capire la natura degli eventi dal loro rumore. I suoni guidano le persone nel comprendere con esattezza a cosa si riferiscono, sia quando si tratta dello scrosciare di una cascata sia in riferimento alle parole comunicate da altri individui.

Cosa accade quindi quando ascolti un termine di cui non conosci il significato? Non lo comprendi, certo, eppure qualcosa riesci a intuire, grazie alle sue sonorità.

Come produciamo suoni?

Questa comprensione immediata veicolata dal suono dipende dal modo in cui articoli i diversi foni.
Gli esseri umani parlano attraverso l’apparato fonatorio. Durante l’espirazione, l’aria esce dai polmoni, passa attraverso la laringe, per poi uscire dalla bocca, consentendo la fonazione.

Le corde vocali, vibrando, danno origine alle vocali, suoni liberi che fuoriescono dalla laringe senza nessun ostacolo. A variare tra una vocale e l’altra è l’apertura della bocca. Ad esempio, il fonema /a/ costringe ad aprire la bocca, mentre il fonema /u/ a chiuderla un po’.

Per le consonanti, invece, le corde vocali possono vibrare o meno: ciò consente di distinguerle in sonore o sorde, rispettivamente. L’aria che fuoriesce dalla laringe trova poi degli ostacoli, che possono generarsi in modi e luoghi diversi. Perciò, parliamo di consonanti occlusive, fricative, affricate, nasali, laterali, vibranti e approssimanti e di consonanti labiali, labiodentali, dentali, postalveolari, retroflesse, labiodentali, palatali e velari, uvulari, faringali e laringali.

Fonosimbolismo: gli studi di psicolinguistica

Diversi studi di psicolinguistica hanno dimostrato che la fonazione influenza la percezione dei significati.

1. Sapir e il fonosimbolismo della grandezza

Nel 1928, il linguista Edwar Sapir osservò l’esistenza di una relazione tra l’apertura della bocca durante la pronuncia di una parola e la percezione della dimensione dell’oggetto indicato da quella parola. In particolare, lo studioso chiese a un campione di individui di lingua inglese di associare due termini inventati, “mil” e “mal”, a due tavoli, di dimensioni diverse. L’80% circa degli intervistati associò “mil” al tavolo più piccolo e “mal a quello più grande.

2. Köhler e il fonosimbolismo della forma

Nel 1929, lo psicologo Wolfgang Köhler dimostrò il legame tra forme e suoni. Nel suo famoso esperimento venne chiesto a un campione di persone di Tenerife, madrelingua spagnolo, di associare i termini di fantasia “takete” e “maluma” a due figure. La prima era composta da linee rette e spigolose; l’altra invece da linee curve. Nella maggior parte dei casi “takete” fu associato alla figura frastagliata e “maluma” alla figura arrotondata. Il suono associato a “takete” infatti è più pungente e spigoloso, quello prodotto da “maluma” è più morbido e tondeggiante.

Fonosimbolismo nel brand naming. Figure geometriche usate nel celebre esperimento del 1929 dello psicologo Köhler su "takete" e "maluma"
Il celebre esperimento del 1929 dello psicologo Köhler su “takete” e “maluma”.

3. Ramachandran e il confronto tra gruppi di lingua diversa

Nel 2001, il neuroscienziato Vilayanur Subramanian Ramachandran fece un esperimento simile, usando le parole “kiki” e “bouba” su due gruppi di persone, da un lato studenti di lingua inglese e dall’altro studenti indiani di lingua tamil. Circa il 95% delle persone di entrambi i gruppi associò “bouba” alla figura più morbida e “kiki” a quella più angolata.

Fonosimbolismo nel brand naming

Cosa succede quando senti per la prima volta il nome di un marchio? Ne percepisci innanzitutto l’aspetto fonosimbolico. Il solo ascolto infatti ti offre già delle informazioni. È un tipo di percezione più emotiva che razionale. A livello inconscio, i suoni presenti nel nome del brand suscitano associazioni semantiche, evocano immagini utili a capire se il prodotto è buono o se fa per te.

Esempi di fonosimbolismo nel brand naming

Sono proprio le sensazioni fisiche associate alla pronuncia dei suoni a fare emergere significati nascosti. Vediamo alcuni esempi di fonosimbolismo nel brand naming per comprendere meglio questa correlazione.

· Il suono /r/, che si pronuncia facendo vibrare la lingua sugli alveoli dell’arcata dentale superiore, fa pensare a qualcosa di rotondo, come una ruota, ma anche rude e aspro, il ruggito o il rombo di un tuono, come ad esempio avviene nel brand name Range Rover.

· Il fonema /a/ esprime apertura, sensazione evocata dal nome Amazon, che indica la grandezza dell’inventario dell’e-commerce.

· Il suono /u/ parla di intimità e profondità, esempio Google, il motore di ricerca capace di cercare le informazioni sondando a fondo il web.

· Il fonema /p/, che si pronuncia bloccando completamente il flusso dell’aria nella bocca e poi rilasciandolo, stringendo entrambe le labbra, senza la vibrazione delle corde vocali, rimanda invece a qualcosa di forte, potente e stabile, come accade in Puma, nome che riflette la forza e l’energia associata a questo marchio sportivo.

· Il fonema /i/, che si pronuncia stringendo gli angoli della bocca, comunica piccolezza, ma anche velocità, leggerezza, rapidità, come nel nome Cif, prodotto per l’igiene della casa, che esprime rapidità e semplicità di utilizzo.

· Il suono /m/, infine, è relativo alla consonante labiale associata alla nutrizione e all’affetto, per esempio in M&M’s, dove suggerisce qualcosa di dolce e piacevole da assaggiare con la bocca.

Trovare il nome giusto col fonosimbolismo

Trovare un nome giusto significa scegliere quell’insieme di unità sonore capaci di trasmettere le caratteristiche più significative della marca.

Pensa ad esempio ai nomi Xerox e Chanel. Il primo è associato a concetti di durezza, forza e imposizione per via del suono /k/, che si pronuncia con un battito nella laringe e che si abbina bene a un marchio che produce stampanti. Chanel, invece, evoca qualcosa di leggero, femminile e morbido, grazie al suono /ʃ/ perfetto per esprimere l’eleganza del marchio di alta moda francese.
Il fonosimbolismo nel brand naming è un aspetto cruciale nella scelta del nome giusto. Quali emozioni e quali immagini evoca la sua pronuncia? È un gioco sottile di suoni che, per essere efficace, deve risuonare bene con l’identità del prodotto, servizio o brand a cui si riferisce.

In Synesia, studiamo attentamente gli aspetti fonetici dei nomi dei nostri clienti, attraverso una metodologia collaudata, frutto di una lunga e importante esperienza. Un brand name costruito con la consapevolezza del fonosimbolismo può diventare la melodia che canta la storia del marchio all’orecchio del consumatore.

LinkedIn
Facebook
Twitter
WhatsApp
Telegram
Articoli correlati